Da “La maschera è da uno” di Daniele Anile
E io sono qui, dietro di te.
Quasi sempre in piedi, ogni tanto seduto per terra; raramente, quando riesco a trovarla, su una sedia. E ti guardo.
Quando ho cominciato a insegnare pensavo che da dietro sarei riuscito a vedere ben poco, che in quella posizione non avrei potuto aiutarti davvero Del resto durante le centinaia di lezioni che abbiamo fatto ero sempre di fronte a te, e quando provavo in palestra, mi mettevo di fianco alla tua pedana, per avere la visione migliore, per poter correggere ogni tuo sbaglio. E invece qui mi trovo alle tue spalle, l’arma quasi non la vedo. Poi ho capito. Non ho bisogno di vedere bene; quei movimenti che fai li conosco a memoria, te li ho insegnati io, sono in parte i miei, te li ho visti fare mille e mille volte. E allora è questa la posizione giusta per me, dietro di te. A farti vedere che quando ti giri, Io sono lì. A darti conferma ogni volta che mi cerchi con li sguardo, che non conta il punteggio dell’apparecchio, Io resto li a coprirti le spalle, concentrato solo su di te. Tante volte ti ho detto che in pedana si è soli; che sotto quella maschera ci sei soltanto tu. Ed è vero. L’ho fatto perché ci credo davvero, e anche, perché non voglio, in caso quell’ultima stoccata non cada a buon fine, che tu possa pensare di avermi deluso; una parte di me te lo ha detto anche perché, in caso quella stessa stoccata invece arrivasse a bersaglio, non ho nessuna intenzione di rubarti anche solo una briciola del tuo merito e della tua gioia. I miei meriti, i nostri meriti, li conosciamo, li abbiamo costruiti insieme al tempo, passato ad accarezzarci con le lame, in un contatto continuo, che alla fine è quasi un dialogo.
Quello che non ti ho mai detto è che anche io qui dietro sono solo. Concentrato solo su di te. Ho centinaia di persone accanto; con alcune magari ho scherzato davanti a un caffè pochi minuti prima, ma quando tu sali su quella pedana, e attacchi quel passante, non vedo più nessuno. Il mio mondo diventi tu, la tua schiena. Mentre ti muovi immagino e rivedo gli stessi movimenti provati tante volte in palestra, il mio cuore comincia a battere allo stesso ritmo della tua fatica e della tua tensione. E quando alla fine ti abbraccio, per consolarti o festeggiati, quelle emozioni che vedi sul mio volto non c’entrano nulla con l’assalto, di quello mi sono spesso già dimenticato. Sono solo lo specchio delle tue emozioni.
Non gioisco e soffro con te, gioisco e soffro per te.
E io sono qui, accanto a te.
Il mio commento
“A fondo pedana, dietro di te” è un brano emozionante, paragonabile ad una poesia che un vero maestro può dedicare al proprio allievo.
Questo brano, per me, è il più ricco di emozioni e coinvolgente… purtroppo non tutti lo possono capire e sentire -è veramente difficile farlo se almeno una volta non hanno provato a salire su di una pedana di scherma-. Ci si può arrivare con l’immaginazione, cercando di calarsi nella parte, ma il gusto ed il sapore di un’emozione del genere, è sempre nuova, la può provare solo chi in pedana è salito e ci sale.
Io sono quello in pedana e dietro di me c’è sempre la mia maestra di scherma che mi sostiene, che mi incita, che prova a suggerirmi, che sta in silenzio e che si arrabbia enormemente se non l’ascolto. Penso che in quel momento il mio battito del cuore sia in parallelo con il suo… che il suo respiro sia coordinato con il mio, ma che i suoi pensieri siano più lucidi dei miei, perché io sotto quella maschera a volte sono annebbiato, a volte non riesco a far fare al mio braccio ciò che la mia testa comanda.
Ma in tutto questo un punto fermo c’è, un punto fermo ha un nome, un punto fermo in tutto questa esplosione di emozioni so che è presente e si trova a fondo pedana, dietro di me… con dentro una sola certezza… che comunque vada l’assalto noi l’abbiamo costruito insieme e che se ci sarà una vittoria gioiremo insieme e se ci sarà una sconfitta ci abbracceremo.
In palestra ripartiremo da lì, rivedendo i miei errori, riproveremo e riproveremo… ma questa è un’ altra storia.
Per queste emozioni, che in pochi possono capire, devo ringraziare chi si impegna ogni volta per farmi capire che la scherma non è solo uno sport con delle regole, ma una passione.
Bisogna solo ringraziare i prof, i maestri di ogni sport, i genitori che ogni giorno con tanta pazienza svolgono il loro lavoro per farci crescere bene. Essi, probabilmente, ci insegnano che la vera felicità passa sempre attraverso l’impegno, il rispetto delle regole ma soprattutto attraverso la nostra passione, la nostra responsabilità e libertà nel coltivare il nostro talento.
(M.O.)